ONE WOMEN *

(…) Titolo dell’esposizione è “One Women” e il tema rappresentato e interpretato è proprio quello del magico mistero della femminilità, all’interno di un ambiente in cui la quotidianità diventa poliedrica e conseguentemente la donna ritratta è, e appare, sempre diversa.

La lettura affascinante dell’universo femminile operata da De Gennaro in questo suo lavoro oscilla tra seduzioni provocanti e memorie spirituali.

L’uso forzato della luce significa in modo personale il suo linguaggio espressivo, (...) trascurando volutamente le basi della elementare tecnica fotografica in cui i contenuti della “calligrafia con la luce” non sono mai i veri valori. (…)

    

 

1999 Franco Fontana

 

MODENA & MODENA n°373- 1999-

 

 

*1995 - 2° posto ex aequo al “Premio Romeo Martinez”  della Repubblica di San Marino.

 

 

 

 

 

 

 

 

IL VENTO NEL CERVELLO

 

Tra Realtà e Fantasia

Massimo De Gennaro di professione è architetto.

Poi fotografa e contemporaneamente realizza fotomontaggi.

Infine ama il collage, dipinge e spesso, interviene a mano, con i colori, sulle fotografie.

Come sempre quando ci si trova a ragionare di linguaggi diversi che un artista incrocia

e/o sovrappone per poi condurli all’unità espressiva del lavoro finito (classici i casi di parola  - immagine e ceramica - pittura, tanto per esemplificare) è necessario accertare

l’esistenza di un solido filo conduttore intellettuale, che motivi un intreccio – sempre e comunque suggestivo – tra discipline autonome dotate, ciascuna, di un proprio codice e di prassi esecutive così specifiche, da lasciar intendere che nel denominatore comune dato dall’opera convergano atteggiamenti conoscitivi e percorsi creativi tra loro tanto distanti da sembrare difficilmente conciliabili.

Perciò, siccome sotto il profilo concettuale si è convenuto di ritenere che la fotografia è, in sé, quello strumento mediante il quale è possibile fermare nella sua unità una parte qualsivoglia del reale, sarà indispensabile ammettere che di essa (fotografia) il fotomontaggio è l’esatto contrario.

In quanto scompone e ricompone desumendo da fonti diverse e produce un’immagine che non è la realtà bensì una sua parvenza caricata di significati più o meno soggettivi e perciò arbitrari.

Lo stesso gioco dei contrari vale per pittura e collage.

L’una genera dal nulla e rende visibile e concreta tutta l’immaterialità dell’estro fantastico.

L’altro è palesemente, il frutto di un assemblaggio, meditato a posteriori, di forme fisicamente già esistenti, provviste di un loro (qualunque) significato originario su cui l’artista interviene, lo destruttura per poi ricomporlo in un nuovo contesto, con nuove (e diverse) finalità espressive e comunicative.

Ed ecco comparire un forte, attendibile filo conduttore: proposti come sommatoria – arguta ed allusiva, come nel caso del lavoro fotografico/pittorico di De Gennaro – i quattro modi ( o punti di partenza) qui descritti circoscrivono  e definiscono in maniera efficace e coinvolgente – sia sul piano del consenso emotivo immediato che su quello di una riflessione più pacata – un territorio della ricerca visiva dove ci si imbatte in verità e verisimile, fantasia e realtà, intuizioni estetiche ed abilità documentaria, pensiero e gestualità, sapere antico (la pittura regina delle arti) ed aggiornate competenze tecnologiche… tutto abilmente manipolato, sovrapposto, ordinato, confuso e riassestato, non per caso da un architetto.

 

1999 -  Carlo Federico Teodoro

 

 

 

 

 

 

 

DAME E CAVALIERI

“Ho atteso gli attori, volti moderni e contemporanei, nei loro preziosi costumi; è stupefacente come la suggestione creata dagli abiti trasformi i nostri movimenti, le posture, il nostro stato d’animo… Ho sistemato le luci… gli attori, spiegato cosa volevo da loro, e ho atteso che un lampo di storia attraversasse i loro occhi... ed ecco che quei volti hanno perso il loro tempo”. E’ l’incipit da cui parte la ricerca “Dame e Cavalieri” di Massimo De Gennaro realizzata nel 2002 nelle sale antiche del Palazzo comunale di Modena nel quadro delle iniziative organizzate per le annuali Serate Estensi. Una manifestazione che per alcuni giorni veste di passato e di storia la città emiliana, riportandola agli splendori della corte d’Este, e nella quale otto fotografi sono stati invitati a realizzare altrettanti lavori in sintonia con le rievocazioni storiche, poi esposti in una mostra – “Serate Estensi dentro le immagini” – curata da Fausto Ferri. Otto diverse tipologie di scatti, per stile e contenuti, collegati da un sottile filo conduttore.

“Dame e Cavalieri” è una indagine costruita in una trama narrativa di ottimo pregio stilistico, che rappresenta uno dei percorsi espressivi più stimolanti tra gli ultimi elaborati da De Gennaro, fotografo creativo, artista sensibile ed attento alla sperimentazione. Coniuga, in questo lavoro, in un rapporto forma-contenuto equilibrato, il moderno col passato, con l’occhio critico di chi osserva nella consapevolezza che la fotografia è scegliere e significare la realtà, attraverso le proprie scelte ed intuizioni. De Gennaro innerva il contemporaneo con quanto tramandano gli eventi storici ormai stilizzati sull’orizzonte del tempo e colora d’attualità il passato. Il linguaggio è lineare, i colorismi ben costruiti ed argomentati, la rielaborazione digitale dà alle immagini una particolare valenza fino a connotarle, in più passaggi, di un gradevole lirismo. Una galleria di personaggi suggestivi, ritratti studiati in ogni dettaglio, efficaci nei messaggi, stimolanti veicoli per rivivere ciò che con gli anni sembra sfumare.

Un passato riletto con le lenti della nostra attualità, fotografie come sintesi di un percorso di studio, itinerario concettuale e dinamico di un progetto. La tecnica e la tecnologia sono per l’autore emiliano strumenti per ripercorrere ed attualizzare tempi e contenuti storici, dargli una dimensione che coordini, in un percorso coerente, il passato col presente. L’autore è attento alle problematiche della sperimentazione e, quindi, alla coniugazione tra essa e le diverse variabili d’analisi - luce, ambientazione, costumi, posture e rielaborazione – in un quadro strutturato sul filo di una memoria storica che si è fatta tradizione, al filtro del proprio sentire, con l’utilizzo delle moderne tecnologie, collocando il tutto nel contesto delle Serate Estensi, in modo da realizzare profili iconici che diano contemporaneità alla storia e una connotazione storica alla contemporaneità.

Massimo De Gennaro vive e lavora a Modena. Svolge la professione di architetto e contemporaneamente si dedica alla fotografia e alla pittura. Sviluppa una ricerca artistica in molte direzioni. E’ attento allo studio della figura umana e del paesaggio; allievo di molti fotografi, l’autore è sensibile alla sperimentazione delle moderne tecnologie: arriva alla elaborazione digitale e allo studio dei materiali. Elabora una fotografia per lo più a colori che fonde tratti descrittivi con argomentazioni concettuali. Ha esposto in mostre personali e collettive ottenendo riconoscimenti dal pubblico e dalla critica (Repubblica di S.Marino – Premio Romeo Martinez; Massa Marittima – Toscana Foto Festival; Solighetto – Portfolio in Villa). Molte le riviste che hanno pubblicato sue foto, numerosi i profili critici scritti sulla sua produzione fotografica.

 

2003  Fausto Raschiatore

 

Tratto da  GENTE DI FOTOGRAFIA  n°36 inverno 2003- 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

DAME E CAVALIERI *

 

Sarebbe facile interpretare queste immagini come il risultato di un gioco che dalla camera oscura si è trasferito sullo schermo di un computer. In realtà, De Gennaro utilizza i “trucchi” della fotografia per dare vita a un mondo popolato di persone reali e concrete, poste in situazioni canoniche seppure incongrue, ma non provocariamente inventate. La posa, l’ambientazione, tutto riporta alla storia,intesa non come vicenda personale, ma come susseguirsi di stili e modi di visione; è il trionfo del genere, interpretato secondo i canoni accertati del passato e nello stesso tempo riletto attraverso le tecniche e le suggestioni della contemporaneità. Il risultato è una visione straniata, non priva di connotazioni anche ironiche, come se il cortocircuito tra ciò che è stato e ciò che può essere interferisca anche nell’identità del volto, nel soggetto fotografato oltre che nel fotografo stesso.

 

2003 -  Walter  Guadagnini

 

 

 

*2003 – 3° classificato Premio “Portfolio in Villa” – Internazionale di Fotografia - Solighetto (Tv)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BLUE

 

 

Al mare, non ci sono mai stato

 

Ogni volta che si affronta la Fotografia, la maiuscola è qui obbligatoria, si evocano riferimenti che la nobilitino agli occhi degli osservatori. Sembra quasi una ricerca di identità, e sarebbe nobile, o di alibi, ed è terribile. Straordinaria comunicazione visiva, capace di richiamare alla mente e nel cuore infinite emozioni, la Fotografia merita, invece, di rimanere tale, appunto Fotografia.

È il caso del Blue di Massimo De Gennaro, autore che agisce e opera senza cercare sovrastrati alla propria opera. Le immagini sono dirette e, allo stesso momento, abbondanti e cariche di molteplici piani di lettura: a ciascuno i propri. In sintonia di intenti, l’autore Massimo De Gennaro agisce evitando di offrire e presentare ri/soluzioni precotte, preconfezionate, indirizzate in un unico senso (anche fosse il suo). Al contrario, immagine dopo immagine ciascuno può ricercare e trovare un ritmo proprio, un filo conduttore individuale, che può o meno coincidere con le emozioni dell’autore: e questo non conta.

Non sono, queste, fotografie documentarie, fotografie che testimoniano una realtà, per quanto interpretata con le proprietà del linguaggio che l’autore applica/ha applicato, ma -coincidentemente, non al contrario- fotografie dall’apparenza irreale. Disquisizioni ecologiche a parte, che qui non debbono trovare asilo, il mare di Massimo De Gennaro non è certo il mare che una gita domenicale o una vacanza estiva offre al turismo e alla spensieratezza di giorni di festa. Il mare di Massimo De Gennaro è un mare simbolico, preso a pretesto -neppure casuale- di una ampia serie di considerazioni e introspezioni consequenziali.

Il sociologo, per esempio, può leggere queste fotografie con e nella propria chiave: rituali collettivi, felicità artificiose, massificazione e tanto altro ancora. Allo stesso tempo, e con la medesima buona fede (?!), il feticista dei mezzi di produzione della fotografia, per altro influenti sul linguaggio, a volte perfino discriminanti, ma mai fini a se stessi, può elucubrare sulle fasi produttive, che dalla fotografia del vero (questo lo possiamo decifrare tutti) approdano alla rappresentazione onirica con mezzi e metodologie che nel gergo si definiscono ibride: dalla diapositiva originaria alla trasformazione digitale, alla gestione elettronica del risultato finale. E poi, possono pensare e dire la loro, dai propri punti di vista egoistici, tante altre categorie del pensiero e della parola.

Effettivamente libero, quanto magistralmente coinvolto, l’osservatore che rimane se stesso e si incontra con queste immagini ha una fortuna tutta sua, che può esprimere con commozione. Senza cercare di incasellare in alcuna pre-categoria, il mare di Massimo De Gennaro lascia sciolta la mente e aperto il cuore, per ricevere quelle sollecitazioni che danno vita a una sequenza di impressioni, dalle quali trae fantastico beneficio.

Non è un mare qualsiasi, questo. E forse non è neppure mare. Più probabilmente, anzi è addirittura certo, è un pretesto visivo necessario, ma non sufficiente. Per propria natura raffigurativa, nel senso che richiede un soggetto concreto, la Fotografia è per propria scelta rappresentativa. E, come annotato all’inizio, la rappresentazione di Massimo De Gennaro è fantasticamente pretestuosa. La sua lunga serie di immagini, qui raccolte in volume (ma si potrebbe proseguire all’infinito, senza stancare, senza affaticare la vista), ha il tratto della poesia che racconta fingendo di non farlo, dice fingendo di stare zitta, evoca fingendo di rivelare. Non ci sono formule, per spiegare o capire tutto questo. C’è invece il cuore dell’osservatore che, pagina dopo pagina, lascia la cruda realtà del proprio essere nell’istante, per incamminarsi lungo il tragitto personale e individuale dei ricordi, dei sogni e dei rimandi, scanditi magistralmente dal ritmo redazionale (altra necessità pratica inderogabile).

Nella successione delle pagine, oltre la loro apparenza (ulteriore apparenza, dopo quella del soggetto pretestuoso), non ci sono solo immagini, che colpiscono la vista; ma appaiono anche rumori, aromi, sensazioni, paure (perché no?), gioie che ciascuno di noi conserva, inconsapevolmente, nel proprio cuore. Latenti, come latente è l’immagine fotografica prima di essere lavorata per la propria presentazione concreta, questi sentimenti sono risvegliati, a ciascuno i propri, da un mare che mare non è. Se in questi termini è lecito esprimerci, se di questo stiamo parlando, ben venga quella Fotografia, come è questa di Massimo De Gennaro, che è capace di sintonizzare e accordare cuore con mente, razionale con irrazionale, realtà con ricordo. Insomma, che è capace di risvegliare i sentimenti dell’Esistenza individuale.

Tutti le dobbiamo essere grati.

 

2005 Maurizio Rebuzzini

 

Tratto da  “Blue” ed. LOGOS - 2005

 

 

 

 

The sea? I’ve never been there

 

When the subject of Photography arises (and here the capital letter is obligatory) the evocations it suggests ennoble it in the eyes of the observers. It may seem a search for identity, and thus noble, or an alibi, and thus terrible. Extraordinary visual communication, cable of arousing infinite emotions in the mind and the heart. But Photography deserves instead, to remain just what it is – Photography.

This is the case of Blue by Massimo De Gennaro, a photographer who acts and operates without attempting to pile layers of superimposed concepts on his work. The images are direct and, at the same time abundant, offering multifold levels of reading: to each his own. Consistent in his intention, the artist Massimo De Gennaro deliberately avoids presenting pre-cooked, pre-packed re/solutions pointing in a single direction (even should it be his own). On the contrary, each observer can, image after image, search for and find a rhythm of his own, an individual guideline, that may or may not coincide with the emotions of the artist; and this is irrelevant.

These are not documentary photographs, photographs bearing witness to a reality, despite the propriety of language that the artist applies /has applied in interpreting them, but – coincidentally, and not on the contrary – photographs that appear unreal. Apart from ecological questions, whose proper place is elsewhere, the sea of Massimo De Gennaro is certainly not the sea of a Sunday outing or a summer vacation for tourists or for the light-hearted joy of a holiday. The sea of Massimo De Gennaro is a symbolic sea, taken as pretext – and not by chance – for a broad-ranging series of considerations and consequential introspection.

A sociologist, for example, could view these photographs within his own key of reference: collective rituals, bogus happiness, mass culture, and an infinity of other aspects. At the same time, and in the same good faith (?!), a fetishist of photographic production methods, which can influence style, at times discriminating but never ends unto themselves, could elaborate at length on the production stages, that from the photography of reality (decipherable by everyone) go on to dream-like representation through means and methodologies termed hybrid in current jargon: from the original slide to digital transformation, to electronic manipulation of the final result. And many other categories of thought and language, each from its own egoistic viewpoint, can express their own opinions.

Effectively free, though masterfully involved, the observer who remains himself and encounters these images has a fortune all his own, that he may express with deep feeling. Without attempting to pigeonhole it in any pre-category, Massimo De Gennaro’s sea leaves the mind unbridled and the heart open, to receive those stimuli that breathe life into a sequence of impressions, conferring inestimable benefit.

This is not just any sea. And perhaps it is not even a sea. More probably, even certainly, it is a necessary, but not sufficient visual pretext. For its own nature of portrayal, in the sense that it calls for a concrete subject, Photography is perforce representational. And, as previously noted, the representation of De Gennaro is a fantastic pretext. The long series of images, collected here in a volume (but which could continue to the infinite, without tiring, without fatiguing the eye) has the tone of poetry that narrates while seeming not to, speaks by simulating silence, evokes by feigning to reveal. There exist no formulas to explain or understand all this. There exists instead the heart of the observer who, page after page, leaves the crude reality of his own existence in that moment, to venture along the personal, individual, trajectory of memories, dreams and evocations, masterfully set to an editorial rhythm (another indispensable practical necessity). 

In the succession of the pages, apart from their appearance (ulterior appearance, after that of the pretext (subject), there are not merely images that strike the eye; but also the sounds, aromas, fears (why not?) and joys that each of us conserves, unknowingly, in his own heart. Latent, as latent as the photographic image before being processed for concrete presentation, these emotions are re-awakened, to each his own, by a sea that is not sea. If these are the appropriate terms in which to express ourselves, if it is this of which we are speaking, then we must acclaim Photography, like this of Massimo De Gennaro, that is capable of synchronizing and according the heart and the mind, the rational and the irrational, reality and recollection. That is, in a word, capable of re-awakening the emotions of individual Existence.

For such a Photography we must all be thankful.

 

2005 Maurizio Rebuzzini

 

Tratto da  “Blue” ed. LOGOS - 2005

 

 

 

BLUE

 

“La mia lontananza dal mare è motivo di appassionanti ritorni e da sempre lo fotografo. Mi interessa cogliere la sua forma, il fragore delle onde, la quiete della risacca, il colore, le emozioni … sino a sentirne il suono e il profumo…” – questa riflessione dà la misura della relazione che esiste, tra il mare e Massimo De Gennaro, autore emiliano di origini brindisine. Una riflessione che richiama un bellissimo frammento lirico di Mario Luzi, figura autorevole del Novecento letterario italiano (“Onde”, Garzanti, 1988) –, “Il mare, sai, mi associa al suo tormento” – rendendola più ricca emotivamente e in grado di dare al feeling tra il fotografo modenese e il mare una particolare e più intima dimensione. Un rapporto ben descritto in “Blue”, lavoro di taglio progettuale e di alto profilo linguistico in cui domina un’intrigante atmosfera, costruita con una sintassi narrativa moderna, efficace, a valenza sperimentale; un “legame” nel quale sono personalizzati i termini della rappresentazione del reale che evolve verso dimensioni e contesti singolari, carichi di significati e configurazioni narrative inedite e stimolanti. “Blue”, amplia, nei contenuti, nelle forme e nelle specificità di studio, i temi di una precedente indagine di Massimo De Gennaro - “Il vento nel cervello” - sui transfert Polaroid e la sintesi cognitiva tra pittura e fotografia, mediante l’utilizzo del computer. L’autore in “Blue”, partendo da diapositive a colori acquisite come files digitali ad alta definizione, applica la tecnica del collage trasfert Polaroid per sovrapporre ritagli/segmenti di immagini e la tecnica pittorica per il controllo, l’equilibrio e il dosaggio delle sfumature, con l’intento di dare allo scatto originale, una dimensione nuova, inedita, “altra”. Massimo De Gennaro attraverso la manipolazione non distrugge l’immagine iniziale, ma la arricchisce, la permea del suo sentire, dandone una interpretazione più ampia e plurale che sintetizza il proprio rapporto con il mare, un amore autentico che ha radici lontane, che sfuma spontaneo e genuino tra i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza. Evoca e dà visibilità a naturalezza e spontaneità. Un’indagine fotografica che rivela oltre il percepibile il rapporto che De Gennaro ha con il mare, amico da sempre, ma enigmatico e misterioso … “un mare simbolico, preso a pretesto – neppure casuale – di un’ampia serie di considerazioni e introspezioni consequenziali”, come scrive Maurizio Rebuzzini (“Blue”, Logos. Modena, 2005).

 

2007 Fausto Raschiatore

 

Tratto da    www.fotologie.it/degennaro.html